Game of the Year, tra i canditati cè un remake; è scoppiata la polemica

Non si placano le polemiche per il Game of the Year, per la seconda volta, vengono candidati dei remake. È giusto che partecipino e vincano dei premi?

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La questione se i remake di videogiochi meritino considerazione per il premio Gioco dell’anno ha suscitato un notevole dibattito, in particolare con titoli come The Last of Us Part 2 Remastered e Resident Evil 4 Remake che sono entrati nella discussione. La complessità di questo problema diventa evidente quando si esamina la natura dei rifacimenti moderni, che vanno dagli aggiornamenti tecnici alle ricostruzioni trasformative.

Resident Evil 4 Remake di Capcom, nonostante le modifiche apportate al design e alla meccanica, rimane radicato nei concetti fondamentali, nei pilastri del design e nella narrativa dell’originale. Ciò rispecchia la situazione di Final Fantasy VII Remake nel 2020, dove una reinterpretazione di un titolo del passato di successo ha ricevuto riconoscimenti e nomination.

Come vengono visti i remake nel panorama moderno?…quale è il loro problema?

Il panorama moderno vede i remake come una componente cruciale, sia aggiornando in modo conservativo gli aspetti tecnici, sia trasformando radicalmente il gameplay e la narrazione. Alcuni sostengono che i remake conservatori, come quelli di Bluepoint Games, onorano l’opera originale, mentre i remake trasformativi, come quelli di Capcom e Square Enix, si presentano come nuovi giochi, meritevoli di riconoscimento.

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La sfida sta nel distinguere tra i remake, quelli con del valore artistico. La dignità risiede nel preservare l’originalità, o negli sforzi per trasformarli in modo da ridefinire i classici per un pubblico moderno? Sebbene i remake più trasformativi sembra possano attirare più attenzione e premi, rischiano di rafforzare un ciclo in cui si fa affidamento sui successi passati piuttosto che promuovere creazioni nuove e innovative.

L’afflusso di remake che raggiungono posizioni elevate sul mercato solleva preoccupazioni. Se continua la tendenza in cui i remake superano commercialmente le nuove IP, ciò potrebbe segnalare una preferenza per i successi passati rispetto ai contenuti originali. Il pericolo è che i principali editori possano dare priorità ai remake come scommessa più sicura, bloccando potenzialmente la creazione di titoli nuovi e rivoluzionari.

È giusto assegnarli dei premi?

Classificare i remake come contendenti per il titolo di Gioco dell’anno pone un dilemma morale. Sebbene i remake trasformativi rappresentino sforzi creativi significativi, assegnare loro i più alti riconoscimenti potrebbe involontariamente supportare una tendenza contraria all’evoluzione del mezzo. Ciò è particolarmente vero quando i remake godono già di un successo commerciale.

Tra i candidati al Gioco dell’anno di quest’anno, Baldur’s Gate III esemplifica un approccio diverso. Invece di rivisitare titoli del passato o optare per remake conservatori, Larian Studios ha scelto di rivitalizzare vecchie formule, infondendo creatività in concetti familiari. Ciò è in linea con l’approccio di Elden Ring, il vincitore dello scorso anno, che si è evoluto dalla serie Souls, a sua volta radicata in un’antica filosofia di game design.

In conclusione, sebbene i remake catturino senza dubbio l’attenzione e servano da ponti per presentare i classici a un nuovo pubblico, assegnare loro i più alti riconoscimenti della critica potrebbe inavvertitamente ostacolare il progresso del settore. L’equilibrio tra la conservazione del patrimonio videoludico e la promozione dell’innovazione, è delicato e richiede un’attenta considerazione nel valutare il vero impatto dei remake.

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